Metodo del Consenso e il Caso del Ristorante Cinese
Il metodo del consenso è una forma per prendere decisioni di modo che esse siano cooperative e non coercitive. Sebbene sia in sé piuttosto semplice, di solito richiede qualche sforzo per essere capito e praticato, e un po’ di esperienza per funzionare bene. In breve: un gruppo di persone si riunisce, solleva una questione, la discute, ipotizza varie soluzioni e sceglie quella che soddisfa l’intero gruppo.
Il consenso non è unanimità: la decisione finale, di solito, non coincide con la prima preferenza di ciascun individuo del gruppo, e ci saranno persone a cui il risultato finale non piacerà parzialmente o del tutto, ma sarà una decisione a cui tutti avranno acconsentito e a cui ciascuno sarà disposto, a livelli diversi, a cooperare. Se non c’è l’onesta volontà di venirsi incontro, metodo del consenso non funziona. Non funziona quando vi sono individui che vogliono mantenere posizioni di potere, che non possono o non vogliono cooperare. Il metodo del consenso è un processo che permette a ciascun individuo del gruppo di partecipare e di lavorare e prendere decisioni insieme agli altri, in maniera nonviolenta: un risultato di vera democrazia, che di solito attrae molto la gente che ha sofferto a causa di dominio od oppressione. Il consenso dà alla gente il potere di prendere decisioni, e allo stesso tempo richiede a ciascuno di assumere responsabilità per tali decisioni. Non rinuncia al potere (è potere-insieme), non chiede di trasferire responsabilità su rappresentanti, ma domanda che noi la si assuma completamente.
L’alternativa è il voto, ma il voto è qualcosa di diverso da un processo di incontro: è piuttosto una procedura. Il voto implica che una parte del gruppo non sarà assolutamente soddisfatta, e non porterà il proprio contributo all’azione comune o lo porterà in misura molto minore di quanto avrebbe potuto. Anche il voto può produrre decisioni finali soddisfacenti, ove ci si trovi in presenza di un gruppo in cui ciascun individuo è sereno e tollerante, o dove l’opinione sulla questione sia unanime, ma questa è una situazione limite, difficile da sperimentare: è più facile che ci si trovi invece in presenza di competizione per il potere nel gruppo, con la conseguente frattura in fazioni ed il rischio di coercizione. Se il processo del consenso è agito bene, ciascun membro del gruppo potrà esporre le sue idee, le sue preoccupazioni e le sue opinioni. A differenza del voto, il consenso dà valore al sentimento, all’emozione, al come-ci-si-sente, perché questo, nell’azione diretta nonviolenta, fa la differenza.
Passi del metodo
* Questione portata alla ribalta: qual è il problema?
* Chiarificare il problema, metterlo nel contesto.
* Discussione finalizzata a tirar fuori idee, preoccupazioni, prospettive.
* Notate i consensi e i disaccordi su ciascuna proposta e le ragioni che li sostengono. Discutete queste ragioni.
* Sintetizzate le idee/soluzioni proposte, vedete se è possibile una terza via che comprenda anche soluzioni apparentemente non conciliabili.
* Valutate le differenti idee finché una sembra incontrare il favore del gruppo. A questo punto ciascuno dovrà esprimere chiaramente il proprio consenso.
* Stabilite ora come la decisione diventerà azione concreta: chi farà che cosa e dove e quando.
* Assicurarsi che nulla sia lasciato in sospeso. Ribadire i punti essenziali dell’azione che è stata decisa prima di chiudere.
Esempio: “il caso del ristorante cinese”
Otto persone vogliono andare a mangiare insieme in un ristorante. Bisogna decidere quale.
Unanimità: Accade che la prima preferenza espressa da tutti e tutte sia un ristorante messicano (bello se succede, ma come sapete non accade molto spesso tranne che fra due persone).
Seguire il/la leader: Una persona vuole andare ad un ristorante veneto tipico e gli altri/le altre vogliono fare ciò che questa persona desidera più di quanto vogliano mangiare il cibo che preferiscono; oppure, credono che questa persona sappia meglio di loro qual è il bene per tutti. (la decisione viene presa facilmente, ma si basa sulla bassa autostima delle persone e sul “culto della personalità” del/della leader).
Compromesso: Alcuni vogliono andare a mangiare la pizza, altri vogliono andare in un ristorante che serva pesce, altri ancora vogliono andare al ristorante vegetariano. Si decide che questa volta si andrà a mangiare la pizza, la prossima a mangiare pesce, e la prossima ancora al ristorante vegetariano. (nessuno ha veramente quello che voleva, ma ognuno ha almeno una parte di ciò che voleva).
Maggioranza: Se 5 persone vogliono andare a mangiare pesce, due vogliono andare al ristorante vegetariano, e una vuole la pizza, si decide di andare a mangiare pesce, perché è questo che la maggioranza vuole. (soddisfa la maggioranza delle persone, ma la minoranza si sente frustrata e può allontanarsi se continua a perdere troppe volte)
Intensità delle preferenze: lo scenario è quello precedente. Ma le due persone che vogliono andare al ristorante vegetariano sono vegetariane, e si rifiutano di mangiare pesce, mentre quello che vuole la pizza non può spendere più di 15 euro. Le persone che sono vegetariane hanno ragioni molto forti per non andare a mangiare pesce, mentre quelle che lo desideravano non ne hanno di altrettanto forti se non quello di mangiare qualcosa di “diverso dal solito”; però la persona che vuole la pizza non può permettersi il ristorante vegetariano: così, si va tutti a mangiare la pizza. (questo è il tipo di decisione detta “minimo comun denominatore” e di solito non è del tutto soddisfacente)
Incontrare i desideri di ciascuno, con il metodo del consenso.
Si decide per un ristorante cinese: è qualcosa di diverso dal solito, ha piatti di pesce e piatti di verdure, e ciascuno contribuirà a coprire la spesa per la persona che non può spendere più di 10 euro. (I desideri di ciascuno sono stati incontrati, si è trovata una soluzione e tutti sentono che è la migliore. Non vi è stato compromesso o amalgama delle preferenze, ma una “terza via”).
Si noti che ciascuna delle decisioni può essere presa cooperativamente (tutti sono d’accordo che la soluzione trovata è la migliore), in modo coercitivo (la gente contraria viene convinta per intimidazione o paura, ecc.), per esaurimento (la gente concorda per stanchezza, perché non ha più voglia di trovare una soluzione, etc.). Il metodo del consenso è lo spirito che informa il processo, ovvero la volontà di venirsi incontro, più che la forma del processo stesso. Tenere quindi presente, che quando lo si usa non è necessario avere “vincitori e vinti” in una discussione: potrà esserci un’idea totalmente nuova che terrà insieme le prospettive ed i desideri di tutti e tutte.
I problemi più comuni durante il processo decisionale
Scarso ascolto: Martha dice: “Credo che il convegno dovrebbe avere più relatrici, i relatori sono quasi tutti uomini. Ad esempio, invece di Paul potrebbe parlare Emily, che è dello stesso gruppo.” Joanna risponde: “Non credo che nessuno dovrebbe rimpiazzare Paul, è bravissimo, ha fatto tanto nell’ultima azione.” E Richard dice: “Io invece sono d’accordo con Martha, neppure a me piace Paul.” Notare che: Martha non ha detto né che Paul non sia competente, né che Paul non le piaccia. Possibili soluzioni: ponete all’attenzione del gruppo il fatto che non ci si sta ascoltando chiaramente, suggerite di lasciare un piccolo spazio di silenzio fra gli interventi, di modo che ognuno possa riflettere su quanto è stato detto prima di parlare. Lo scarso ascolto può essere prodotto da un clima “agitato” e “nervoso”: cercate di minimizzare la tensione dando messaggi di empatia e comprensione, anche con linguaggio non verbale.
Mancanza di centratura: Ovvero, la gente parla di istanze differenti o di differenti aspetti della stessa istanza e non si capisce. Possibili soluzioni: fate una lista delle questioni che ognuno vuole discutere, sistematizzatele in categorie (organizzazione, raccolta fondi, etc.) e affrontatele una per una. Oppure, dividersi in piccoli gruppi che siano interessati a parlare di un’istanza specifica o dello specifico aspetto della stessa.
Ripetizioni: la gente continua a ripetersi e pare che non si stia andando verso nessun accordo. Per esempio Martha dice: “Quest’idea non mi piace.” E Richard risponde: “A me sì, penso che sarà divertente.” E Martha replica: “Sarà anche divertente, ma a me non piace.” E Richard: “Dovremmo farlo. E’ divertente.” E Martha: “Ma a me non piace…” e via di seguito. Possibili soluzioni: uscire dalla secca cercando di determinare le aree e le ragioni dell’accordo o del disaccordo sull’idea; portare all’attenzione del gruppo che ci si sta ripetendo e chiedete a Marta e Riccardo di tirar fuori altre idee, chiederlo anche agli altri. Suggerire un’altra soluzione, possibilmente inusuale o persino un po’ “scema”, di modo da stimolare la discussione e la produzione di pensiero. Oppure, suggerire di indirizzare la discussione su un altro punto o su un’altra istanza.
Competizione per l’idea migliore: la gente tenta di dimostrare che la propria idea è migliore delle altre, di solito sminuendo o deprecando le idee altrui. Martha: “Credo che la mia soluzione sia quella giusta, non costa molto.” Richard: “Io credo che la mia sia migliore, a livello di qualità.” Joanna: “Bé, io vedo falle in entrambe le vostre opzioni. La mia idea è migliore di entrambe le vostre.” Possibili soluzioni: tentare di de-personalizzare la discussione, riferendosi agli aspetti di ciascuna idea prospettata, e non alle persone che la prospettano; fare una lista dei pro e dei contro di ciascuna idea e fare notare che nessuna idea è priva di falle e nessuna è completamente fallimentare. Provare a combinare fra loro le parti migliori di ciascuna idea in un nuovo progetto. Contribuire a rinforzare l’autostima di ogni persona che ne abbia espressa una, lodando ciascuno e ciascuna per il suo lavoro e le sue proposte.
Verbosità: Una o più persone tendono a parlare troppo a lungo. (“Sarò breve… – e dopo tre quarti d’ora – … so di aver parlato tanto, ma volevo solo aggiungere che…”). Possibili soluzioni: vedere se è il caso, e se c’è la possibilità, di dividere in gruppi più piccoli in cui ciascuno parli finché è stufo. Interrompete gentilmente chi si comporta in questo modo, facendo notare che anche altri vogliono parlare. Usate dei limitatori di tempo: ovvero, adesso faremo un giro di interventi sulla questione e ognuno dovrà durare non più di 5 minuti.
Passività o timidezza: alcune persone non dicono nulla, sembrano distanti o riluttanti ad intervenire e a sentirsi parte del gruppo. Invitati ad esprimersi spesso tacciono, dicono di non aver opinioni al proposito, oppure che quello che si decide a loro “comunque” va bene. Possibili soluzioni: parlare con loro separatamente, ad incontro terminato, chiedere come si sentono rispetto al gruppo, cosa potrebbe aiutarli a sentirsi parte del gruppo, cosa impedisce loro di esprimersi. Incoraggiare i membri silenziosi a presentarsi, a raccontare un’esperienza, a dire cos’è importante per loro. Prevedere sempre, negli incontri, un po’ di tempo iniziale per dare il benvenuto alle persone nuove (e anche se non ce ne sono, datevi il ben-ritrovato l’un l’altro). Provare a vedere se dividendovi in gruppi più piccoli queste persone riescono ad esprimersi. Oppure, cantate una canzone tutti insieme, usate un po’ di tempo per la celebrazione, la chiacchiera informale, etc.
Mancanza di informazioni: Siamo tutti d’accordo per l’acquisto della segreteria telefonica per la nostra sede, ma il tesoriere questa sera non è venuto all’incontro e perciò dobbiamo posporre la decisione. Possibili soluzioni: telefonare alla persona che ha le informazioni, mentre il gruppo passa a discutere d’altro. Tornare sulla questione quando si ha le informazioni. Oppure, ipotizzare i vari scenari e scegliete cosa fare in ogni caso (decisioni “contingenti”). Assicurarsi che le informazioni necessarie siano disponibili alla prossima riunione.
L’evitare il problema: questioni difficili sono evitate invece di essere maneggiate e risolte: Martha dice: “Dovremmo parlare di come si è comportata Joanna l’ultima volta” e Richard risponde: “Non potremmo farlo dopo? Abbiamo cose più urgenti e poi io non ho voglia di parlarne.” E Nadia aggiunge: “Sì, per favore, parliamo di qualcosa di più piacevole.” Evitare il problema significa che esso si presenterà sempre più pressante e non maneggevole in futuro; inoltre, impedisce all’intero gruppo di essere coeso ed efficace su altre questioni. Possibili soluzioni: organizzate incontri specifici per parlare dei problemi che si incontrano nel gruppo; può accadere che sia necessario chiedere ad una persona di abbandonare il gruppo, ma questo può essere fatto in maniera civile, spiegando a lui o lei che la divergenza di scopi ed obiettivi e modi non ci permette di lavorare insieme, ma che lui o lei può essere più efficace e trovare maggior soddisfazione in gruppi che lavorano in maniera diversa.
Il perdersi su problemi minori: un sacco di tempo viene speso su dettagli. Per esempio, il gruppo ha deciso di produrre un bollettino, ha deciso gli articoli che vi appariranno, ma continua a discutere sul fatto se sia meglio mettere l’articolo di Martha a pag. 2 o a pag. 3. Possibili soluzioni: dare potere a chi desidera occuparsene formando un comitato, un piccolo gruppo a parte che deciderà tali dettagli; in presenza di un accordo generale, incoraggiate il gruppo a passare oltre.
Scarso seguito: la gente si dimentica di fare ciò che aveva concordato di fare o semplicemente non lo fa. Tipico: “Ma non dovevi farli tu i volantini?” – “Ah, dovevo farli io?” Possibili soluzioni: ogniqualvolta una decisione viene raggiunta, assicurarsi che tutti i passi necessari alla sua realizzazione siano stati discussi e affidati a qualcuno; alla fine dell’incontro riassumete rapidamente gli incarichi che ognuno si è assunto, accertatevi che chiunque si è assunto un compito lo abbia fatto di buon grado.
Polarizzazione: due o più persone insistono su polarizzazioni che ci contraddicono, o si sviluppano due fazioni polarizzate. Esempio: Martha dice che si rifiuta di considerare qualsiasi proposta che includa il vendere una macchina di proprietà dell’associazione; Richard risponde che finché la macchina non sarà venduta lui non sosterrà nessuna altra azione del gruppo. Possibili soluzioni: cercare di capire su cosa si basano entrambe le posizioni, quali sono le vere preoccupazioni dietro alle parole che vengono dette; fare una lista dei benefici e dei costi di ciascuna opzione e sottolineate che entrambe sono possibili e entrambe hanno pregi e difetti; fare in modo che le due fazioni si incontrino e discutano fuori dal gruppo; dividersi in due gruppi e se possibile separatevi in modo amichevole.
Manipolazione, giochi di potere, manovre: alcuni tentano di manipolare altri affinché accettino le loro idee e proposte; decisioni importanti vengono prese in modo separato dal gruppo da un ristretto numero di persone; arrivano agli incontri persone mai viste prima che fanno tutte il medesimo intervento a sostegno di un’opzione. Possibili soluzioni: non avere timore di nominare la povertà di questi processi, chiedere che le opzioni vengano valutate esclusivamente sul merito e non in base alle persone che le sostengono; insistere affinché ogni questione sia discussa dall’intero gruppo; come gruppo, prendersi il tempo di studiare le tecniche manipolative e di propaganda al fine di evitarle; insistere sul fatto che il processo del consenso prevede che ogni persona desideri cooperare in modo onesto con le altre e che ogni persona deve essere disponibile al cambiamento durante la discussione; chiedere a coloro che non vogliono aderire a questo modello di lavoro di lasciare il gruppo e di formarne uno che risponda meglio alle loro esigenze.
Dominio, idee legate ad un individuo specifico: una o più persone dominano il gruppo; la gente è seccata, o abbandona il gruppo, o partecipa scarsamente; altri individui accettano o scartano le proposte in base al comportamento del leader o dei leader. Per esempio, Richard è fra i fondatori del gruppo, e tutti si aspettano che sia lui a parlare in pubblico, a tirar fuori idee e soluzioni, e a decidere cosa fare. E la conversazione su una questione qualsiasi può presentarsi così: Richard dice: “Credo che il nostro gruppo dovrebbe produrre un bollettino mensile”. Martha interviene: “L’idea di Riccardo mi piace davvero.” Dopo qualche minuto Riccardo cambia opinione: “Pensandoci un attimo – dice – ho paura che ci porterebbe via troppo tempo.” E subito Martha interviene di nuovo: “Sono d’accordo con Riccardo, un bollettino porta via troppo tempo.” Possibili soluzioni: parlare con Richard fuori dal gruppo, condividete con lui le vostre preoccupazioni e chiedetegli come lui si sente in questa situazione; adottare la modalità a cerchio nel gruppo, di modo che chiunque possa vedere chiunque altro e parlargli; chiedete a chi resta in silenzio se può dare un apporto alla discussione; insistere affinché tutti esprimano la loro opinione; cercate di risolvere fuori dal gruppo il conflitto tra individui.
Attacchi personali: urla, insulti, denigrazioni, “pubbliche denunce”, minacce dirette o indirette. Possibili soluzioni: spiegare come vi sentite durante questi momenti; discutere su come ci si sente essendo attaccati; cercare di parlare alle persone separatamente e chiedere loro di discutere la loro rabbia verso gli altri e la loro paura degli altri: se possibile, assorbire la rabbia e disperdete la paura.
Noia, bassa energia, scarsa partecipazione: Possibili soluzioni: rivedere il modo in cui tenete gli incontri, aggiungervi elementi di facilitazione, di divertimento, di interesse, di creatività; mettersi in cerchio e fate qualcosa che coinvolga tutti: una canzone, una meditazione, un gioco; domandare alle persone presenti perché sono stanche; chiamare quelle che avrebbero dovuto esserci e chiedete loro cosa li tiene lontani e cosa invece potrebbe riavvicinarli; ridurre il tempo degli incontri, se la loro lunghezza è il problema, e aggiungere un elemento di celebrazione per ogni decisione presa.
[Articolo originariamente pubblicato nel 1998 su http://www.utopie.it/nonviolenza/metodo_del_consenso.htm]